Si pubblica l’intervista a cura di Michela Giachetta a Suor Manuela Robazza (Preside del Centro italiano opere femminile salesiano – formazione professionale) riportata su LiberoLavoro.

Da sempre il Ciofs-fp (Centro italiano opere femminile salesiano – formazione professionale) si dedica a progetti per favorire l’orientamento, l’accompagnamento al lavoro e la formazione dei giovani, soprattutto di quelli con meno opportunità. La presidente del Centro, suor Manuela Robazza, traccia un bilancio della formazione professionale, anche alla luce della sperimentazione del cosiddetto Sistema duale, modello di formazione integrato scuola – azienda.

Ritiene che di recente ci sia un cambio di approccio da parte delle istituzioni verso la formazione professionale?

«La sperimentazione del sistema duale è stata un’idea molto preziosa per la formazione professionale. Se consideriamo questo sistema un approccio diverso, allora possiamo dire che sì, un cambio c’è stato. Ma c’è ancora strada da fare: da un lato perché si fa ancora fatica a percepire la formazione professionale alla pari della scuola dell’obbligo, dall’altro perché manca una conoscenza di quest’ambito, da parte delle scuole, sia delle imprese e soprattutto da parte delle famiglie. Significa dare spazio a chi ha l’intelligenza delle mani. La formazione professionale si muove in questo senso. E lavora anche sulle cosiddette soft skills . Quindi un bel gesto da parte delle istituzioni potrebbe essere quello di farla conoscere e darle pari dignità».

In che modo?

«A cominciare dall’orientamento al termine della scuola secondaria di primo grado, quando si presentano le varie scuole, i vari percorsi possibili per le superiori. Si deve iniziare da lì a darle maggiore dignità, presentandola non come alternativa di secondo piano o una scelta di ripiego, ma una scelta alla pari, perché significa dare la possibilità a tutti. Non c’è scritto da nessuna parte che vale di più chi ha più intelligenza e di meno chi sa organizzarsi e lavorare».

Come giudica i dati relativi alla sperimentazione del sistema duale presentati qualche giorno fa da Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche?

«I dati presentati hanno evidenziato il successo della sperimentazione duale al suo avvio, nella prima fase, ma il monitoraggio effettuato nel secondo anno ha rivelato il grande incremento, anche in regioni che nella prima fase non avevano neppure avviato la sperimentazione. Noi abbiamo 60 centri di formazione professionale, siamo presenti in 11 regioni e abbiamo 15mila allievi ogni anno. Anche nei nostri centri c’è stato un aumento del duale e una maggiore consapevolezza al riguardo da parte del mondo delle imprese».

Alcune regioni come la Sicilia hanno avviato un sistema IeFp, istruzione e formazione professionale, registrando numerosi iscritti, altre regioni non riescono o non voglio partire. È solo assenza di volontà politica?

«Non mi pare sia solo una questione di assenza di volontà politica. Manca la consapevolezza che quella della formazione professionale è un’importante esperienza. E forse c’è anche un problema di fiducia. Il sistema duale è un grande passo avanti della formazione professionale, un sistema diverso dall’alternanza scuola – lavoro, perché parliamo di 400 ore trascorse in azienda e 400 in aula o laboratorio. Si tratta proprio di una formazione in assetto lavorativo. E il fatto che le aziende non siano ancora sufficientemente a conoscenza anche dei vantaggi fiscali che possono avere, rende la strada in salita».

Il quadro generale italiano dei percorsi IeFp è ancora a macchia di leopardo. Come si può intervenire?

«Penso sia importante innanzitutto far conoscere correttamente questa grande opportunità. Poi è importante fare rete, con le imprese, le istituzioni, gli enti di formazione professionale e anche le scuole, in modo da poter organizzare al meglio il sistema duale. Formare i tutor aziendali, accompagnare i processi e creare le condizioni perché ogni giovane sia stimolato a dare il meglio di sé. Ovviamente non deve mancare la parte finanziaria: i fondi sono stati stanziati. Bisogna però che tutti i soggetti coinvolti lo sappiano. E si deve continuare a investire».

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